Nel post precedente abbiamo raccontato come abbiamo organizzato il nostro viaggio nel Kalimantan. Terminati i preparativi, è il momento di partire con il nostro klotok dal porto di Kumai. Navighiamo per un breve tratto sul fiume nelle vicinanze della città, poi ci addentriamo nel parco dove incrociamo piccole barchette a motore di pescatori e abitanti dei villaggi nelle vicinanze. Navigare è l’unico modo per muoversi in questa zona senza dover attraversare la giungla muniti di machete.

Il primo incontro con la fauna locale è con le simpaticissime scimmie nasiche che vivono divise in famiglie sui rami degli alberi a ridosso dell’acqua. Non ci stufiamo di osservarle: le mamme portano i piccoli a spalle e si spulciano a vicenda, mentre tra i maschi scoppiano piccole risse per la conquista del ramo migliore che sfociano in voli funambolici da un albero all’altro.

Il Tanjung Puting vive grazie alla Orangutan Foundation, sovvenzionata da donatori e ricercatori di tutto il mondo, che si occupa della salvaguardia di queste specie in via di estinzione. Oltre a curare gli orango, la fondazione si è occupata anche del problema principale per la salvaguardia degli animali: l’area è stata infatti per anni oggetto di deforestazione per favorire le piantagioni per la produzione di olio di palma. Il problema è ancora molto presente in altre aree del Borneo, purtroppo.

Durante i giorni nel parco visitiamo i campi di nutrizione degli orango, dove gli esemplari liberati dopo una riabilitazione ricevono parte del cibo necessario alla loro sopravvivenza. Qui è possibile vedere da vicino i molti primati che si avvicinano per accaparrarsi le banane fornite dai ranger, mentre nella foresta si possono avvistare quelli totalmente selvatici. Avvistiamo diversi orango femmina e alcuni giovani maschi. Attimo di panico quando compare l’enorme maschio dominante che ci passa a pochi metri con nonchalance. Non mancano i cuccioli che imparano ad arrampicarsi e lanciarsi da un ramo all’altro con le liane, in stile Tarzan. Da segnalare una scena di accoppiamento nella quale il capo dominante fa valere il suo machismo con una femmina per la verità piuttosto annoiata e maggiormente interessata alle banane!

Il secondo giorno di navigazione ci addentriamo nella foresta lungo il Black River, un affluente del Sungai Sekonyer, chiamato così per il colore scuro conferitogli dalle radici della vegetazione. Le sue acque formano uno specchio naturale e ospitano coccodrilli, che tendono però a rimanere ben nascosti tra le mangrovie: noi siamo comunque abbastanza fortunati da riuscire ad avvistarne uno. La fauna locale è completata da giganti farfalle colorate, lucertoloni lunghi un metro e macachi molesti.

Durante l’escursione si può optare per un breve trekking notturno nella giungla: un’ora di cammino alla ricerca di animali notturni come il tarsio (un piccolo primate notturno con gli occhi strabuzzati) e la tarantola. Ci copriamo dalla testa ai piedi di repellente e vestiti per evitare spiacevoli esperienze e ci muniamo di torce. Un ranger del parco ci accompagna lungo un sentierino muovendosi agevolmente in infradito tra ragni dal dorso di teschio e il morso letale (“È pericoloso?” “Sì, se ti morde hai un’ora di vita”) e termiti molto aggressive. Non siamo però molto fortunati e riusciamo a vedere solo questi ragni giganti. Peccato non aver incontrato i tarsi!

Il terzo giorno prima di fare ritorno a Kumai abbiamo tempo per visitare il villaggio di Sekonyer che si affaccia sul fiume. Il caldo è torrido, ma è sempre interessante osservare la vita quotidiana della popolazione locale. Qui si vive di pesca e agricoltura, le case sono allineate lungo la via centrale, dove scorre un canale utilizzato sia per i trasporti in canoa sia per le attività di tutti i giorni, come pulire pesce e verdura, lavare i panni e, naturalmente, per l’igiene personale. Il villaggio è di costruzione abbastanza recente e le condizioni delle abitazioni sono buone: è stato costruito dal parco e vi si sono trasferite le famiglie che vivevano in quella che oggi è la riserva. Il rientro a Pangkalan Bun è intorno a mezzogiorno, Sudha prenderà un aereo per la Malesia mentre le nostre avventure proseguiranno nel Borneo per qualche altro giorno, destinazione Banjarmasin.

I tre giorni nel parco sono stati un giusto mix tra avventura e relax, e grazie alla compagnia di Daisy e Sudha sono stati piacevoli anche nei momenti di navigazione. Non bisogna aspettarsi un’avventura alla Indiana Jones, si tratta comunque di un’esperienza alla portata di tutti, posto che ci si sappia adattare un minimo. Consigliato!