Seconda parte del nostro itinerario nella regione di Tana Toraja, in Sulawesi, Indonesia. Dopo aver partecipato ad un funerale tradizionale e aver visitato la zona di Lempo, dedichiamo la seconda giornata ai siti a sud di Rantepao.

Cosa vedere a Tana Toraja meridionale

Prima tappa a Lemo (da non confondere con Lempo), dove si trovano alcune delle tombe più spettacolari scavate direttamente nella parete di roccia anche ad altezze notevoli. Qua sono stati ricavati anche dei balconcini che ospitano i tau-tau: statue in legno dipinto a grandezza quasi naturale che indossano gli abiti del defunto e ne ritraggono fedelmente i tratti somatici. Alcuni operai stanno lavorando ad una nuova tomba, così abbiamo l’occasione di vedere come la roccia venga scavata e i corpi portati in alto con un sistema di carrucole.
Il paesaggio è meraviglioso: di fronte a questa parete quasi verticale ci sono risaie che si estendono su un’area piuttosto vasta e la natura qui è rigogliosa.

A Tampangallo vediamo invece una delle più sorprendenti tombe nella caverna: qui si può entrare e vedere da vicino le decorazioni e, soprattutto, il gran numero di teschi che sono stati disposti in ordine su numerosi piani naturali. Le sigarette che vedrai sparse per la sepoltura non sono dovute all’inciviltà dei turisti, ma sono le offerte che vengono lasciate per i defunti!

Ci spostiamo poi a Kambira dove si trova un sito molto toccante. Si tratta del luogo di sepoltura per i bambini scomparsi prematuramente. Essi vengono tumulati all’interno di cavità scavate in alberi secolari che poi vengono sigillate con pezzi di corteccia in modo che l’albero possa continuare a crescere e inglobare il corpo: secondo il credo popolare, anche il bambino continuerà a crescere nutrendosi della linfa bianca della pianta. Le sepolture sono orientate in senso opposto rispetto al villaggio in modo che il bambino nella sua seconda vita non provi nostalgia verso la madre; si crede infine che questa sepoltura possa essere di buon auspicio per il prossimo nato della famiglia, perché possa crescere forte come un albero.

Dopo pranzo anche oggi facciamo una lunga passeggiata molto particolare, da Bebo a Karuaya: camminiamo infatti per un’ora tra le risaie, sfruttando i sottili sentieri di terra che dividono un appezzamento dall’altro. C’è sempre il rischio di cadere nel fango, ma ne vale davvero la pena e anche stavolta non è per nulla faticoso, anche se il sole picchia forte.
Non si incontra anima viva, anche perché la raccolta è appena stata fatta e i contadini si stanno occupando in questo periodo di altre faccende: arrivati però nei pressi di un torrente ammiriamo i giovani del posto mentre giocano a tuffarsi da una roccia, circondati da bufali d’acqua.

Il secondo giorno si chiude a Kete Kesu, altro villaggio tradizionale circondato dalle risaie e molto ben tenuto pur essendo il più antico della regione: le sue abitazioni tongkonan hanno oltre 400 anni! Il colpo d’occhio del villaggio a ridosso di una formazione rocciosa è spettacolare. Una scalinata conduce all’area di sepoltura passando tra tau-tau che farebbero concorrenza alle cere di Madame Tussaud, sarcofagi sospesi sulla parete di roccia e teschi ornamentali. Anche qua è possibile entrare in una grotta, se lo desideri portati una torcia, anche se in realtà non c’è molto da vedere al suo interno.

Tornati a Rantepao, c’è ancora il tempo per visitare un laboratorio artigianale dove vengono prodotti ikat seguendo i metodi tradizionali. Si tratta di tessuti colorati con tintura a riserva, fatta attraverso una stretta legatura delle parti da non tingere; differiscono dai tessuti batik dove invece la colorazione avviene dopo la tessitura utilizzando la cera come maschera. La cosa incredibile è vedere le donne al lavoro, intente a legare i singoli fili per ottenere il pattern desiderato: sembra quasi una magia!