I due giorni con Arru sono stati fondamentali per imparare a conoscere una cultura così complessa come quella di Tana Toraja e dobbiamo ringraziarlo perché non ha praticamente mai smesso di parlare per tutto il tempo: ci ha inondato di informazioni davvero interessanti! Abbiamo però deciso di gestire il terzo giorno nella regione in modo autonomo, per provare a cavarcela con i mezzi di trasporto e per non avere alcun filtro tra noi e la popolazione locale.

La mattina raggiungiamo quindi il mercato di Rantepao in bemo (minibus che sembrano taxi collettivi ma che percorrono percorsi prestabiliti) perché dista circa 2 kilometri dal centro: da qui partono anche i kijiang (fuoristrada che forniscono il servizio di trasporto da e per i villaggi).

Il mercato del bestiame, dove vengono portati i migliori esemplari di bufalo della zona, si svolge ogni 5 giorni ed è quindi necessario informarsi in paese per sapere quando sarà il prossimo: siamo fortunati, perché è proprio oggi. Passeggiamo sulla grande area in terra battuta, facendo attenzione a dove mettiamo i piedi e osservando il gran numero di bufali presenti, alla ricerca di qualche esemplare albino: è il più rinomato perché molto ricercato per i sacrifici funerari e il suo prezzo può arrivare all’equivalente di qualche migliaio di euro!

Proseguiamo la nostra passeggiata al mercato alimentare, dove passiamo sotto tendoni così bassi che per noi è impossibile stare in posizione eretta: qui compriamo un po’ di frutta per il pranzo e ammiriamo i bellissimi banchi che espongono peperoncini e caffè. In un angolo del mercato si svolge la compravendita dei galli da combattimento, che vengono qui messi alla prova per pochi minuti prima di procedere all’accordo.

Cerchiamo quindi il kijang per Sadan: vogliamo raggiungere questo villaggio perché pare che qui si possano comprare i migliori ikat della regione! È sufficiente chiedere in giro e una volta individuato il mezzo in partenza accordarsi sul prezzo (irrisorio).
Come negli altri villaggi, anche qui sulla piazza centrale si affacciano le tipiche case toraja: al piano terra ciascuna ha un laboratorio/negozio di tessuti ikat, ma anche batik e di tanti altri generi di cui non conosciamo il nome. I tessuti più autentici, dai prezzi piuttosto alti, sono mescolati a quelli di produzione semi industriale, dai prezzi irrisori: Paola qui ci lascia il cuore, perché riesce ad accordarsi per un bellissimo ikat originale per sé e per due ikat da regalare alla mamme, ma deve rinunciare ad un meraviglioso tessuto vintage in fibra di ananas talmente sottile da sembrare canapa o qualcosa del genere… è comunque davvero troppo ingombrante ed è impossibile farlo stare nello zaino, che peccato!

Tornare a Rantepao è facile, ma non immediato: bisogna infatti tornare sulla strada principale, che passa sotto la collina di Sadan, ed attendere il passaggio del prossimo kijiang: si consiglia di non tardare troppo al rientro, perché il servizio è piuttosto frequente e regolare solo negli orari di mercato, cioè fino al primo pomeriggio. Più tardi può diventare difficile trovare un mezzo di trasporto.

Nelle poche ore che ci separano dalla partenza, direzione Bali, abbiamo ancora tempo per esplorare Rantepao e ci dirigiamo verso sud: passiamo davanti al Municipio e raggiungiamo il campo sportivo. Alcuni ragazzi giocano a calcio altri a basket, ma lo sport più diffuso a Sulawesi è il sepak takraw. Si tratta di una versione del calcio-tennis praticata nel sud-est asiatico: si gioca in tre contro tre, con una rete di divisione e una palla di legno di palma. La caratteristica che incolla Marco al campo di gioco sono le spettacolari rovesciate eseguite per andare a punto, guarda qua sotto!