Camaguey sembra una città deserta, arriviamo con il bus a mezzanotte, prendiamo il taxi che abbiamo concordato con il padrone di casa, stanchi e impazienti di metterci a letto. Arrivati alla casa particular però sorge l’imprevisto: non è quella che abbiamo prenotato il giorno precedente per telefono!
Tutte le guide mettono in guardia: attenzione ai jineteros che ti portano in case diverse da quella richiesta; questa ci sembra proprio una di quelle situazioni e quindi, nonostante sia tardi, insistiamo per andare nella casa originale per verificare che non sia in atto una truffa. Effettivamente arrivati a destinazione il proprietario ci spiega che ha dovuto reindirizzarci da un suo conoscente perchè uno dei suoi ospiti è stato male dopo una cena in un paladar e non è potuto ripartire. La vera domanda è: qual è il paladar? Convinti ci scusiamo con il tassista e torniamo finalmente a dormire alla prima casa che comunque si rivelerà ottima!

Camaguey ci risulta sorprendentemente commerciale in confronto alle città viste finora: la via in cui stiamo è pedonale e piena di negozi di ogni tipo. Ora, niente a che vedere con una classica via di un centro città italiano, ma per gli standard di Cuba è davvero atipico. Ci colpiscono le vetrine, tristi e spoglie, non per mancanza di prodotti, ma a causa di un ormai acclarato cattivo gusto delle vetriniste locali.

La città è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, insieme alle altre città coloniali, fondate tra il 1510 e il 1520. In questi anni sono quindi in corso i festeggiamenti per il cinquecentenario. Il 1 gennaio 2014 si festeggerà inoltre il 55simo anniversario della Rivoluzione: tutti questi festeggiamenti fanno sì che a Camaguey, come già a Santiago, molti palazzi siano in corso di restauro e che quindi non si possa godere appieno della visione d’insieme di vie e piazze. Ma almeno il patrimonio di secoli è salvo.

Oggi siamo stanchi, abbiamo dormito poche ore e fa caldissimo. Dobbiamo anche risolvere la questione del prossimo trasferimento a Remedios via Santa Clara, perché il bus Viazul non si può prenotare e la cosa ci innervosisce un po’. Proviamo ad informarci per il treno, ma c’è solo il notturno che passa da qui alle 2 di notte: non ce la possiamo fare, decidiamo di aspettare e rischiare con il bus.
Il giro della città ci occupa la mattinata, visitiamo le piazza principali, le chiese, saliamo sulla torre del museo per godere del panorama e facciamo un salto al mercado agropecuario, che però sta chiudendo. Insomma, la città è bella, ma tra cantieri e case ancora da ristrutturare non si coglie bene il fascino coloniale.

I cubani hanno sempre qualche aneddoto da raccontare: il sospetto è che declinino la storia in base alla nazionalità del turista di turno. A noi diranno di conoscere qualcuno in Italia, o di esserci venuti, o di aver avuto una fidanzata italiana; agli olandesi racconteranno la stessa storia, cambiando i nomi delle città. Insomma, sono ferrati in geografia!
Qui a Camaguey però incontriamo un anziano che ha una storia vera sull’Italia: ci racconta di essere stato a Torino per 20 giorni negli anni 80, insieme ad un gruppo di operai mandati a Mirafiori per imparare ad assemblare le auto Fiat (così da poterlo poi fare nel loro Paese, e facendo così risparmiare sui costi di trasporto). Si capisce, da quel che dice e non dice, che in realtà non ebbe tempo di vedere la città, perché il gruppo di cubani veniva scortato dalla fabbrica al dormitorio e viceversa.

Più tardi visitiamo lo studio di una coppia di artisti contemporanei, Joel Jover e Ileana Sánchez, più interessanti di tanti altri visti finora, e ne approfittiamo per acquistare un quadrettino naïf come souvenir.

Nel pomeriggio incontriamo l’altra coppia di italiani che dorme qui e che avevamo incrociato a colazione e decidiamo di cenare insieme in un paladar che hanno scoperto nel pomeriggio. Una scelta davvero azzeccata, la carta è decisamente varia e il prezzo in moneta nazionale. Finiamo la serata in una delle piazze della città dove ha finito di esibirsi da poco un eroe neomelodico locale, la tamarria musicale post concerto però è troppo per noi, anche se i tormentoni cubani ci rimarranno impressi per sempre! Non ci sarà altra occasione per rivedere Chiara e Andrea perché domani noi andremo verso Santa Clara e loro verso Holguin, nella direzione opposta.

PS: La canzone è questa, le scene di delirio molto simili!